Si va verso una legge sugli home restaurant, i ristoranti in casa che permettono di organizzare eventi culinari destinati ad amici e a perfetti sconosciuti attraverso le possibilità offerte da piattaforme social e dalla prenotazione via web. La Camera ha infatti approvato la disciplina che riguarda la “ristorazione in abitazione privata” che passa ora all’esame del Senato.
Disciplina dell’attività di ristorazione in abitazione privata
Il testo unificato delle proposte di legge di iniziativa parlamentare A.C. 3258, A.C. 3337, A.C. 3725 e A.C. 3807 che consta di 7 articoli è volto ad introdurre nell’ordinamento giuridico italiano, che ne è privo, una disciplina specifica per l’attività di ristorazione in abitazione privata (home restaurant), al fine di valorizzare e favorire la cultura del cibo tradizionale e di qualità, operata attraverso l’organizzazione di eventi enogastronomici, gestiti attraverso piattaforme digitali.
L’articolo 1, al comma 1, definisce l’oggetto della disciplina relativa all’attività di ristorazione esercitata da persone fisiche in abitazione privata e agli strumenti tesi a garantire la trasparenza, la tutela dei consumatori e la leale concorrenza, nell’ambito dell’economia della condivisione, ferme restando le competenze delle regioni e degli enti locali.
Si richiama la recente Comunicazione della Commissione europea «Un’agenda europea per l’economia collaborativa» (COM(2016) 356 final), che attribuisce grande rilievo alla sharing economy ed invita gli Stati membri a favorirne lo sviluppo, quale contributo importante alla crescita e all’occupazione nell’Unione europea, anche al fine di garantire il pieno rispetto del principio di concorrenza.
L’articolo 2, come modificato nel corso dell’esame in sede referente, reca alcune definizioni, relative, in particolare, a:
l’attività di home restaurant, definita come “l’attività finalizzata alla condivisione di eventi enogastronomici esercitata da persone fisiche all’interno delle unità immobiliari ad uso abitativo di residenza o domicilio, proprie o di un soggetto terzo, per il tramite di piattaforme digitali che mettono in contatto gli utenti, anche a titolo gratuito e dove i pasti sono preparati all’interno delle strutture medesime”;
soggetto gestore, inteso come il soggetto che gestisce la piattaforma digitale finalizzata all’organizzazione di eventi enogastronomici;
utente operatore cuoco, ossia il soggetto che attraverso la piattaforma digitale svolge l’attività di home restaurant;
utente fruitore, inteso come il soggetto che attraverso la piattaforma digitale utilizza il servizio di home restaurant condiviso dall’utente operatore cuoco.
Gli obblighi del gestore sono individuati all’articolo 3, come modificato nel corso dell’esame in sede referente, che reca prescrizioni in capo al soggetto gestore della piattaforma digitale di home restaurant.
In particolare, si prevede che il gestore:
deve garantire che le informazioni relative alle attività degli utenti, iscritti alle piattaforme medesime, siano tracciate e conservate, nel rispetto delle vigenti norme sulla privacy; è tenuto a mettere le informazioni relative alle attività degli utenti, iscritti alle piattaforme medesime, nella disponibilità degli enti di controllo competente (comma 2). Le transazioni di denaro sono operate mediante le piattaforme digitali, che prevedono modalità di registrazione univoche dell’identità, e avvengono esclusivamente attraverso sistemi di pagamento elettronico (comma 3). La partecipazione dell’utente fruitore all’evento enogastronomico richiede in ogni caso l’assenso da parte dell’utente operatore cuoco (comma 5);
verifica che gli utenti operatori cuochi siano coperti da polizze assicurative per la copertura dei rischi derivanti dall’attività di home restaurant e che l’unità immobiliare ad uso abitativo sia coperta da apposita polizza che assicuri per la responsabilità civile verso terzi (comma 6);
verifica inoltre che gli utenti operatori cuochi siano in possesso dei requisiti di cui alla legge per lo svolgimento dell’attività di home restaurant, ai fini dell’iscrizione alla piattaforma digitale;
fornisce, infine, all’utente fruitore, nel rispetto del principio di trasparenza, le corrette informazioni relative al servizio offerto e alle polizze assicurative per la copertura dei rischi derivanti dall’attività di home restaurant, esplicitando che trattasi di un’attività non professionale di ristorazione (comma 8).
Si prevede, inoltre, che le attività di home restaurant devono essere inserite nella piattaforma almeno trenta minuti prima del loro svolgimento e che l’eventuale cancellazione del servizio prima della sua fruizione deve rimanere tracciata (comma 1).
Entro 90 giorni dalla data dell’approvazione della legge, con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro dello sviluppo economico, saranno determinate le modalità per garantire il controllo delle attività svolte per il tramite delle piattaforme digitali di home restaurant.
L’articolo 4 reca disposizioni per lo svolgimento dell’attività di home restaurant, escludendo dall’applicazione della nuova disciplina le attività non rivolte al pubblico o comunque svolte da persone unite da vincoli di parentela o di amicizia, che sono definite libere e non soggette a procedura amministrativa (comma 1).
L’attività di home restaurant è considerata saltuaria e come tale può non può superare il limite massimo di 500 coperti per anno solare, né generare proventi superiori a 5.000 euro annui (comma 3).
Per lo svolgimento dell’attività di home restaurant sono richiesti specifici requisiti, quali: l’utilizzo della propria organizzazione familiare e di parte di un’unità immobiliare ad uso abitativo, dotata dei requisiti prescritti all’articolo 5 del progetto di legge (cfr. infra), nonché il possesso, da parte degli utenti operatori cuochi, dei requisiti di onorabilità di cui al D.Lgs. 59/2010, art. 71, commi 1 e 2 (comma 2); il rispetto delle procedure peviste dall’attestato dell’analisi dei rischi e controllo di punti critici (HACCP), ai sensi del regolamento (CE) n. 852/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2004, sull’igiene dei prodotti alimentari (comma 5);
Si ricorda che il regolamento (CE) n. 852/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio stabilisce le norme generali in materia di igiene dei prodotti alimentari, in tutte le fasi del processo di produzione, dalla fase della produzione primaria fino al consumatore finale, definendo una serie di obiettivi di sicurezza alimentare che le imprese alimentari devono soddisfare. Il principio fondamentale è che tutti coloro che lavorano nel settore alimentare devono garantire prassi igieniche in ogni fase del processo di produzione. Inoltre, tutte le imprese del settore alimentare devono essere conformi al regolamento (CE) n. 853/2004 che stabilisce norme specifiche in materia di igiene per gli alimenti di origine animale, destinate agli operatori del settore alimentare.
L’articolo 5 del regolamento (CE) n. 852/2004 impone agli operatori del settore alimentare di predisporre, attuare e mantenere una procedura permanente basata sui principi del sistema HACCP (Hazard analysis and critical control points / Analisi dei pericoli e punti critici di controllo). Si tratta di un meccanismo di autoregolamentazione e controllo che non dovrebbe sostituire i controlli ufficiali. Infatti autocontrollo e sistema HACCP non coincidono. Il concetto di autocontrollo è più esteso, essendo correlato al ruolo che, in materia di igiene e sicurezza degli alimenti, ogni singolo operatore deve rivestire e alla normale gestione funzionale dell’attività commerciale. L’autocontrollo è quindi necessario per tutti gli operatori coinvolti nella filiera alimentare. L’HACCP è funzionale a migliorare l’autocontrollo ed è obbligatorio solo per gli operatori dei settori post-primari, ovvero per gli operatori che intervengono in qualsivoglia fase della produzione, trasformazione e distribuzione degli alimenti successiva alla produzione primaria e al trasporto.
I principi su cui si basa l’elaborazione di un piano HACCP sono indicati dal citato Regolamento (CE) n. 852/2004 (articolo 5) e sono i seguenti:
a) identificare ogni pericolo che deve essere prevenuto, eliminato o ridotto a livelli accettabili;
b) identificare i punti critici di controllo nella fase o nelle fasi in cui il controllo stesso si rivela essenziale per prevenire o eliminare un rischio o per ridurlo a livelli accettabili;
c) stabilire, nei punti critici di controllo, i limiti critici che differenziano l’accettabilità e l’inaccettabilità ai fini della prevenzione, eliminazione o riduzione dei rischi identificati;
d) stabilire ed applicare procedure di sorveglianza efficaci nei punti critici di controllo;
e) stabilire le azioni correttive da intraprendere nel caso in cui dalla sorveglianza risulti che un determinato punto critico non è sotto controllo;
f) stabilire le procedure, da applicare regolarmente, per verificare l’effettivo funzionamento delle misure sopra indicate;
g) predisporre documenti e registrazioni adeguati alla natura e alle dimensioni dell’impresa alimentare al fine di dimostrare l’effettiva applicazione delle misure da a) a f).
Il citato regolamento (CE) n. 852/2004 promuove altresì, all’articolo 7, l’elaborazione dei manuali di corretta prassi operativa in materia di igiene e di applicazione dei principi del sistema HACCP (Manuali GHP) e ne incoraggia la divulgazione e l’uso. Sebbene la loro adozione, da parte degli operatori del settore alimentare (Osa), sia su base volontaria, il successivo articolo 8 del regolamento prevede che gli Stati membri valutino i manuali di corretta prassi operativa al fine di verificarne la conformità alle disposizioni ivi previste.
L’allegato II, capitolo III del regolamento è dedicato inoltre ai requisiti applicabili alle strutture mobili e/o temporanee (quali padiglioni, chioschi di vendita, banchi di vendita autotrasportati), ai locali utilizzati principalmente come abitazione privata, ma dove gli alimenti sono regolarmente preparati per essere commercializzati, e ai distributori automatici.
Si segnala, infine, che la Commissione Europea ha redatto delle Linee guida generali relative all’applicazione delle procedure basate sui principi del sistema HACCP e alla semplificazione dell’attuazione dei principi del sistema HACCP in talune imprese alimentari. la comunicazione al comune competente della segnalazione certificata di inizio attività (SCIA) (comma 6);
Si ricorda che l’articolo 19, della L. 241/1990 e successive modificazioni, prevede che la segnalazione certificata deve esser corredata dalle dichiarazioni sostitutive di certificazioni e dell’atto di notorietà per quanto riguarda tutti gli stati, le qualità personali e i fatti previsti negli articoli 46 e 47 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, nonché, ove espressamente previsto dalla normativa vigente, dalle attestazioni e asseverazioni di tecnici abilitati, ovvero dalle dichiarazioni di conformità da parte dell’Agenzia delle imprese di cui all’articolo 38, comma 4, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, relative alla sussistenza dei requisiti e dei presupposti di cui al primo periodo; tali attestazioni e asseverazioni sono corredate dagli elaborati tecnici necessari per consentire le verifiche di competenza dell’amministrazione. Nei casi in cui la normativa vigente prevede l’acquisizione di atti o pareri di organi o enti appositi, ovvero l’esecuzione di verifiche preventive, essi sono comunque sostituiti dalle autocertificazioni, attestazioni e asseverazioni o certificazioni citate, salve le verifiche successive degli organi e delle amministrazioni competenti. La segnalazione, corredata delle dichiarazioni, attestazioni e asseverazioni nonché dei relativi elaborati tecnici, può essere presentata mediante posta raccomandata con avviso di ricevimento, ad eccezione dei procedimenti per cui è previsto l’utilizzo esclusivo della modalità telematica; in tal caso la segnalazione si considera presentata al momento della ricezione da parte dell’amministrazione.
Per lo svolgimento di attività di home restaurant, non è invece richiesta, secondo quanto indicato al comma 6 dell’articolo 4, l’iscrizione al registro degli esercenti il commercio.
Si ricorda in proposito che l’art. 3 del D.L. 4 luglio 2006, n. 223, convertito, con modificazioni, nella legge 4 agosto 2006, n. 248, ha previsto, per il commercio e per la somministrazione al pubblico di alimenti e bevande, la soppressione di qualsiasi tipo di iscrizione in registri abilitanti. Pertanto, a decorrere dal 4 luglio 2006, il Registro degli esercenti il commercio risulta definitivamente soppresso. Su tale argomento il Ministero dello Sviluppo Economico ha emanato la Circolare n. 3603/C del 28 settembre 2006 (http://www.tuttocamere.it/files/commercio/2006_3603_Circ_MSE.pdf).
Si ricorda, inoltre, che l’articolo 2 della L. 287/1991, in materia di iscrizione nel registro degli esercenti il commercio, è stato abrogato dagli artt. 71, comma 7 e 85, comma 5, lett. a), D.Lgs. 26 marzo 2010, n. 59 di attuazione della direttiva 2006/123/UE, relativa ai servizi nel mercato interno. Successivamente, il predetto art. 85, comma 5, lett. a), D.Lgs. 59/2010 è stato a sua volta abrogato dall’art. 20, comma 1, lett. c), D.Lgs. 6 agosto 2012, n. 147.
L’articolo 5 definisce i requisiti degli immobili ad uso abitativo destinati all’attività di home restaurant, che devono possedere le caratteristiche di abitabilità e di igiene previste dalla normativa vigente. La norma specifica, inoltre, che l’attività esercitata non comporta la modifica della destinazione d’uso dell’ immobile.
Si prevede inoltre che l’attività di home restaurant non possa essere esercitata nelle unità immobiliari ad uso abitativo in cui sono esercitate attività turistico-ricettive in forma non imprenditoriale o attività di locazione per periodi di durata inferiore a trenta giorni.
L’apparato sanzionatorio introdotto all’articolo 6, prevede che, in caso di esercizio dell’attività di home restaurant in assenza di segnalazione certificata di inizio attività (SCIA), si disponga la cessazione dell’attività medesima e l’applicazione della sanzione amministrativa prevista dalla normativa sull’insediamento e sull’attività dei pubblici esercizi (legge n. 287 del 1991).
L’articolo 10, comma 1 della citata legge n. 287 del 1991 prevede che , a chiunque eserciti l’attivita’ di somministrazione al pubblico di alimenti e bevande senza l’autorizzazione, ovvero senza la segnalazione certificata di inizio di attività, ovvero quando sia stato emesso un provvedimento di inibizione o di divieto di prosecuzione dell’attività ed il titolare non vi abbia ottemperato, si applica la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da 2.500 euro a 15.000 euro e la chiusura dell’esercizio.
Infine, l’articolo 7 prevede la clausola di invarianza finanziaria.
- Fonte Camera dei Deputati
Commenti recenti