Come avviene già da diversi anni in America, ora anche in Italia è possibile allestire un ristorante su quattro ruote: è il food truck, nome con cui vengono chiamati i furgoni/ristoranti itineranti, debitamente adattati per cucinare al suo interno e servire piatti caldi o freddi in giro per l’Italia.
Il cibo da strada, secondo la definizione della FAO, è costituito da quegli alimenti, incluse le bevande, già pronti per il consumo, che sono venduti (e spesso anche preparati) soprattutto in strada o in altri luoghi pubblici (come mercatini o fiere), anche da commercianti ambulanti, spesso su un banchetto provvisorio, ma anche da furgoni o carretti ambulanti . Nei centri storici di alcune città italiane si è diffusa una tipologia di piccoli locali specializzati nella preparazione e vendita di cibi da mangiare in strada.
Il consumo di cibo per strada consente, in genere, di mangiare in maniera più informale, più rapida, e meno costosa rispetto al consumo di cibo in un ristorante o in altro luogo deputato allo scopo; per tale motivo, questa forma di alimentazione viene spesso preferita rispetto a modalità più formali di consumo, tanto da fargli occupare un posto importante nell’alimentazione umana: stime della FAO indicano in ben 2,5 miliardi di persone al giorno il numero di coloro i quali si alimentano in questo modo.
Il cibo di strada è strettamente legato al fenomeno del cibo da asporto (take away/take-out), e ad altri fenomeni di consumo informale di cibo, come gli snack, gli spuntini, il fast food, il pranzo al sacco o il finger food.
L’ampiezza del fenomeno alimentare, messa in risalto dalle statistiche FAO, si collega ad altri aspetti antropologici, come il rilevante ruolo occupato nell’economia umana, ma anche la messa in gioco di importanti valori culturali, identitari ed etnici. Spesso, infatti, i prodotti da consumare per strada sono specialità locali o regionali, come nel caso del pani ca meusa palermitano, il ‘O pere e ‘o musso della cucina campana e napoletana, o il kalakukko della Regione dei laghi finlandese.
In altri casi, invece, i prodotti non hanno un particolare legame culturale con il territorio in cui vengono offerti, o, pur avendone posseduto uno in passato, non lo conservano più, perché andato oramai perduto a seguito della loro diffusione al di fuori delle zone di origine (come è il caso della pizza e del kebab). In alcuni casi, tuttavia, la diffusione al di fuori dei confini culturali originari, anche ampia, non ne ha cancellato la connotazione etnica e identitaria.
Uno degli aspetti è quello della sicurezza e della qualità nutrizionale delle preparazioni. L’Organizzazione mondiale della sanità ha individuato tre punti critici qualificanti:
Il primo passo da compiere è richiedere un’autorizzazione amministrativa per l’esercizio del commercio su aree pubbliche. Quella necessaria per intraprendere un’attività di food truck è l’autorizzazione tipo B (commercio ambulante in forma itinerante) che viene rilasciata dal Comune di residenza. Per ottenerla occorre possedere almeno uno dei seguenti requisiti:
Per “mezzo mobile” si intende un veicolo immatricolato secondo il codice della strada come veicolo speciale uso negozio e deve rispondere ai requisiti igienico-sanitari indicati dal Ministero della Sanità.
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